
Boko haram, uno spettro sulle elezioni in Nigeria
La Nigeria al voto, dopo mesi di rinvii: eppure la paura per gli assalti di Boko haram resta e potrebbe decidere l'esito della consultazione
Abuja – La Nigeria al voto, ma Boko haram incombe sull’esito e sulla sicurezza delle urne: sarà un sabato a rischio per il popolo paese africano, un sabato necessario per mettere alla prova i delicati e critici meccanismi democratici del continente. In Nigeria si vota per parlamento e presidente, una consultazione che stabilirà la linea politica futura e potrebbe determinare anche l’approccio con il quale ci si rivolgerà alle forze terroristiche di matrice islamica.
PRESIDENTE: TRA CONFERMA E NOVITÀ – Goodluck Jonathan cerca la conferma elettorale alla guida del paese, un secondo mandato per proseguire la medesima linea politica: contro di lui soprattutto Muhammadu Buhari, ex generale, che lancia la sfida. Sarà una contesa difficile, perché per essere eletto un candidato ha bisogno di ottenere sia la maggioranza, semplice, sia almeno il 25% dei voti nei due terzi dei 36 stati in cui è divisa la Nigeria: il ballottaggio, che dovrebbe avvenire a sette giorni dal primo turno ma quasi sicuramente sarà rimandato, sembra possibile, quasi probabile.
UNA SFIDA DI IDEE – Tra il presidente uscente e Buhari la sfida è dura: un cristiano contro un ex militare islamico, dal pugno duro e dal passato dubbio, può accendere i cuori e non solo in alcune zone del paese. Buhari, al quale molti guardano con fiducia per il suo piglio deciso, pronto a combattere Boko haram, ha un passato da golpista, ma sembra rientrato nelle righe del gioco democratico, anche se la Nigeria rimane un paese sull’orlo della guerra. Le sue critiche alla presidenza “troppo debole” hanno avuto una grande eco, entro i confini nigeriani.
CONFINI CHIUSI, SEGGI APERTI – Proprio i confini della Nigeria sono sotto i riflettori in questi giorni di consultazione elettorale: il governo ha fatto chiudere frontiere di mare e di terra, con agenti schierati lungo i confini. Di fatto, la polizia suggerisce ai cittadini di uscire di casa solo per recarsi al voto, una sorta di coprifuoco per tenere a bada eventuali attentati. Gli agenti e l’esercito presidiano tutti i punti nevralgici, ma potrebbe non essere sufficiente.
La paura è anche per l’esito e la sua accettazione: nel 2011 ci furono tre giorni di scontri, che costarono 800 morti, oggi la situazione potrebbe farsi addirittura più drammatica ancora. Le fragilità etniche, sociali e religiose della Nigeria emergono in queste ore come profonde divisioni interne e sarà compito di tutti, vincitori e vinti, assicurare una pacifica accettazione dell’esito elettorale. Oppure scatenare la guerra civile.
Andrea Bosio
@AndreaNickBosio