Berlusconi condannato a un anno per il caso Unipol

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Piero Fassino e Giovanni consorte, intercettati e illegalmente pubblicati (informarexresistere.fr)

Milano – Silvio Berlusconi è stato condannato a un anno di reclusione per rivelazione del segreto d’ufficio nel processo Unipol, per la diffusione del testo dell’intercettazione Fassino-Consorte, finita sulle pagine del Giornale quando era ancora sotto segreto istruttorio.
La decisione è arrivata poco dopo le 12 di oggi dai giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano. Oltre all’ex inquilino di palazzo Chigi, è stato condannato anche il fratello Paolo, con una pena di 2 anni e 3 mesi. Ottantamila gli euro riconosciuti come risarcimento all’ex segretario Ds Piero Fassino, che si era costituito parte civile.

I guai di Berlusconi aumentano; dopo il tracollo elettorale, con un esito tenuto a galla solo dall’analogo crollo del Pd, politicamente si trova in una condizione in cui potrebbe non contare granché nella prossima legislatura. La tegola della condanna cade come l’ennesima goccia di pioggia durante un’alluvione.
Il processo riguardava la diffusione del testo di una telefonata tra Fassino e Consorte, numero uno di Unipol, durante la difficile questione della scalata a Bnl da parte di Unipol stessa. Il testo finì sulle pagine del Giornale, quotidiano sempre vicino alla linea del leader di Arcore: quel «allora abbiamo una banca» riempì i titoli e le pagine per alcuni giorni, sollevando un notevole polverone. Ma, quasi otto anni dopo, la polvere sembra essersi posata su quelli che la giustizia sembra aver individuati come mandanti dello scoop e responsabili della fuga di notizie: l’intercettazione, infatti, era ancora coperta dal segreto istruttorio e la fuga di notizie in questa fase è un reato penale di non scarso valore. Su quella scalata, infatti, era in corso un’inchiesta della magistratura.

«Siamo molto sorpresi – è stato il commento dell’avvocato Piero Longo, subito dopo il pronunciamento della Corte – credo che sia la prima volta che si condanna per la violazione del segreto istruttorio». Ma a leggere bene le carte pubbliche, si capisce che il caso è molto più complesso: l’intercettazione in questione non era neppure stata trascritta e, quindi, non era ancora stata analizzata dai pm. La fuga di notizie, quindi, proveniva dalla società che aveva in appalto l’intercettazione, la Research Control System, il cui dipendente Roberto Raffaelli la offrì all’allora Presidente come “regalo elettorale”, almeno stando alla ricostruzione dell’accusa avvallata dal verdetto.
Con questa sentenza, ripartono i procedimenti a carico di Silvio Berlusconi, presto senatore, sospesi per la campagna elettorale.

Andrea Bosio
@AndreaNickBosio

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