Bahrain, manifestazioni contro l’indifferenza della Formula 1

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10 mila persone sono scese in piazza per chiedere maggiori diriti (foto: lastampa.it)

Manama (Bahrain) – Sarà stata colpa della sbornia post Gran Premio della Cina, sarà stato l’entusiasmo per l’avvio del quarto appuntamento del mondiale, eppure in Bahrain la situazione continua a essere molto più difficile di quanto si preferisce far trasparire. È stato trascurati quel crescendo di violenza, che non si placa mai ma che, con una cadenza annuale, grazie al ritorno del Circus fa puntare ai media i riflettori su quella che è la realtà di questa penisola del Golfo. Per il secondo anno consecutivo, nonostante la violenta repressione messa in atto dal regime, i manifestanti sono scesi nuovamente in piazza per chiedere riforme e maggiori diritti democratici al governo, approfittando della ribalta mediatica della Formula 1 per portare avanti la propria protesta. Gli attivisti hanno programmato nuove manifestazioni di protesta mentre i vertici della Formula 1, i team e i piloti, continuano a comportarsi nella più totale indifferenza. Anche se non se n’è parlato, fino a poche settimane fa, la situazione in Bahrain, dallo scoppio della Primavera Araba non è cambiata di molto: nell’Emirato hanno continuato incessantemente le manifestazioni di dissenso nei confronti del regime e Gran Premio di Formula 1 ma senza un risultato finale.

Già nei giorni precedenti l’arrivo a Manama delle scuderie, l’esercito e la polizia, guidati dal sovrano Hamad bin Isa al-Khalifa, si sono resi protagonisti degli scontri con i manifestanti adottando misure estreme nei confronti degli oppositori, come a esempio di gas lacrimogeni, sparati direttamente alla testa dei manifestanti, come ha rivelato l’associazione Human Rights Watch basandosi su alcune testimonianze raccolte nel paese.
Due notti fa, violenti scontri hanno opposto un gruppo di manifestanti, tra i quali comparivano alcuni esponenti del Fronte del 14 febbraio, e le forze di polizia del paese: «No alla Formula 1 nella terra occupata del Bahrain», cantavano i vari cortei che si erano riuniti in città. Se i giovani hanno provato a bloccare le strade dei sobborghi di Manama, senza riuscire a impedire l’accesso al circuito, la polizia ha risposto al lancio di pietre, disperdendo i manifestanti con l’ausilio di gas lacrimogeni. Nonostante le violente repressioni guidate dalla dinastia sunnita degli Al Khalifa, la popolazione continua a scendere in piazza. Almeno diecimila persone, tra le quali anche donne e bambini, hanno partecipato a una manifestazione pacifica per protestare contro la tenuta della corsa. A margine dei cortei si sono registrati altri 6 arresti e piccoli incidenti, quando un gruppo di giovani, dopo aver incendiato degli pneumatici, si sono scontrati con la polizia.

Cosa pensa la Formula 1? - La situazione è paradossale e anche surreale. L’odore dei soldi è ancor più forte di quello del sangue e il mondo della Formula 1 continua a non curarsi dei disordini bareniti, rendendosi partecipe di un crimine di massa spegnendo la voce dei manifestanti accettando di andare a correre in Bahrain.
Se Bernie Ecclestone continua ad affermare che va tutto bene e che alle Ong che hanno fatto presente i problemi, ha risposto che a lui nessuno ha riportato niente, Fernando Alonso si è allineato alla posizione di Montezemolo e di Jean Todt, presidente della Fia, ha spiegato come lo sport e in questo caso il Gran Premio, possa «avere un effetto positivo e essere di sollievo in una situazione nella quale il conflitto, la rivolta sociale e le tensioni stanno creando problemi». E proprio il Patron della Formula 1, nonostante le critiche ricevute in questi giorni da parte delle associazioni umanitarie che lavorano in Bahrain ha tenuto a precisare come tra le sue priorità sia presente il desiderio di «non mostrare persone che discutono o si scontrano per cose che noi non comprendiamo».
Ma i problemi per Ecclestone non finiscono qui: come è successo anche nell’edizione del 2012, Anonymous, il famoso gruppo di hacktivist, ha nuovamente minacciato di sabotare il sito della Formula 1 se non verrà cancellato il Gran Premio del Bahrain: «Vi rimuoveremo dal web. Invitiamo Bernie Ecclestone, finché c’è ancora tempo, ad annullare ora la tua gara sanguinosa».

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A farne le spese è il mondo della stampa e delle televisioni (foto: caranddriverthef1.com)

Chiedere ai giornalisti che parlano - E in un momento di così grande tensione, è soprattutto il mondo della stampa e delle televisioni a farne le spese. Il gruppo di giornalisti dell’emittente britannica Itv hanno dovuto tornare anticipatamente a casa, accusati di aver effettuato nel paese del Golfo Persico registrazioni d’immagini senza permesso. Secondo le autorità locali, la catena d’informazione aveva solo la licenza per intervistare il ministro dell’Informazione e della Giustizia, situazione che li ha visti protagonisti con l’accusa di omissione di informazione delle attività. In Bahrain questo porta a una violazione diretta delle leggi e dei regolamenti del Regno, e in particolare degli articoli 88 e 89 del Regolamento della stampa, redatti nella legge n°47 del 2002. Un fatto apparentemente normale se non fosse che Itv, dopo aver coperto il campionato dal 1997 al 2008, ha recentemente acquistato i diritti della Formula 1.

Sarà anche l’evento sportivo più prestigioso della Penisola che però non ha contribuito minimamente al miglioramento della situazione nel paese, saranno i 40 milioni di sterline, motivo per cui annullare la gara come avvenuto nel 2011, sembra assurdo eppure bisognerebbe anche ricordare come, l’anno scorso quattro membri della Force India sono stati coinvolti in un attentato, decisione per la quale la scuderia indiana decise di terminare anticipatamente le prove libere, e la scorsa settimana il deputato laburista Richard Burden ha affermato che la situazione si rivelerà maggiormente tosta, dopo un ulteriore anno di inutili battaglie.

foto homepage: lastampa.it

Eleonora Ottonello

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