
Autismo: possibilità di diagnosi a sei mesi
ROMA – Tra le più gravi patologie facenti parte dei disturbi dello sviluppo, l’autismo fa la sua comparsa nei primi tre anni di vita del bambino e ne colpisce in maniera drastica sia lo sviluppo sociale che le sue relative capacità di comunicazione.
Un nuovo studio, però, incentrato su tecniche di imaging cerebrale (brain imaging), permette di diagnosticare la malattia entro i primi sei mesi di vita del neonato.
La ricerca è stata condotta dall’Università del North Carolina e sostiene che attraverso simile tecnica sia possibile visionare delle differenze significative nello sviluppo del cervello dei bambini considerabili ad alto rischio già dopo la metà del loro primo anno di vita.
Il dottor Jason J. Wolff, ricercatore presso il Carolina Institute for Developmental Disabilities, nonché coordinatore della suddetta ricerca, sostiene che «si tratta di una scoperta molto importante perchè rappresenta un primo passo verso lo sviluppo di un biomarker per il rischio di autismo, uno strumento molto più precoce rispetto agli attuali mezzi diagnostici».
Uno dei più grai problemi apportati proprio da questa malattia è proprio la difficoltà di arrivare ad una diagnosi precoce. Scoprire la malattia in ritardo, dunque, porta le famiglie e i bambini stessi a soffrire di difficoltà sia sociali che economiche che verrebbero eliminate se la diagnosi avvenisse prima.
I risultati hanno dimostrano anche che l’autismo non compare in modo improvviso nei bambini. La speranza dei ricercatori è quella di riuscire ad interrompere il processo con un intervento effettivamente mirato. Sono stati posti in esame, per lo studio, ben 92 bambini, tutti con fratelli affetti da autismo e quindi considerati ad alto rischio genetico.
I ricercatori hanno riscontrato differenze sostanziali nell’analisi dei 15 tratti di fibre cerebrali distinte prese in esame tra i bambini sani e quelli che hanno sviluppato l’autismo.
(Foto: medicinalive.com / tantasalute.it)
Stefano Gallone