
Arianna: principessa o dea del Labirinto?
È difficile trovare una definizione calzante per la proteiforme parola mito. Secondo quanto dice Vico, “il mito è inaugurazione del mondo umano”: in esso si ritrova il principio dello sviluppo storico dell’umanità, in quanto getta le basi del sapere, come forma originaria di conoscenza e di espressione accessibile ai primi uomini, attraverso un linguaggio poetico, pienamente umano e intuitivo.
Il mito è - secondo Jan Assman – mnemostoria generata dalla parola che crea ed evoca. Secondo lo storico delle religioni Mircea Eliade: “Un labirinto è la difesa a volte magica di un centro, di una ricchezza, di un significato. Penetrare in esso può essere un rituale iniziatico, come si vede grazie al mito di Teseo. Questo simbolismo costituisce il modello di qualsiasi esistenza la quale, attraverso una quantità di prove avanza verso il proprio centro, verso se stessa”.
Quando si discorre del mito la mente non può non rivolgersi istintivamente al mito del labirinto. È interessante scoprire ciò che si cela dietro a questa “fiaba”: Teseo, dopo essere giunto dall’Attica a Creta, precisamente a Cnosso, sconfisse, con l’aiuto della principessa cretese Arianna e del suo famoso filo, il Minotauro, essere dalla testa taurina e dal corpo umano rinchiuso nel Labirinto, al quale ogni nove anni venivano sacrificati sette fanciulle e sette fanciulli ateniesi. Per leggerne il profondo significato non va dimenticato che per i Greci, la fiaba è mito, e tale racconto non è fine a se stesso.
Il filologo romeno Kerényi, nel suo bellissimo saggio Nel labirinto, parla della costruzione di Dedalo come di un mistero che “deve essere sperimentato, venerato: deve entrare a far parte della nostra vita” attraverso la mētis, la saggezza. Il filologo avverte sempre la necessità della compenetrazione tra noi e il mito perché questo si sveli e ci parli. O meglio canti.
Come sempre, nello svelamento di misteri che provengono dall’antichità è la lingua, con le sue incrostazioni di vita e sedimentazioni del tempo, a venirci in aiuto. Molti studiosi si cimentarono nella ricerca dell’esatta etimologia del vocabolo greco labirinthos. La svolta si ebbe con la decifrazione del Lineare B, la scrittura cuneiforme in cui erano redatti alcuni antichi testi micenei: attraverso questa scoperta si accertò l’esistenza della parola da-pu-ri-to-jo associata alla parola po-ti-ni-ja che significherebbero «alla Signora del Labirinto», cioè Potnia la divinità ctonia (qui sotto un’immagine della dea dei serpenti minoica, proveniente da Cnosso, del 1600 a.C.). Ne consegue che, con una certa probabilità, il significato del labirinto è da ricercarsi nella seguente equazione: laura = miniera, cava, “tunnel scavato nella roccia”.
Il labirinto originario doveva essere dunque oscuro e sotterraneo e perciò, probabilmente, era solo una caverna naturale, utilizzata dall’uomo per compiervi dei riti religiosi. Cos’era dunque il misterioso Labirinto di Cnosso?
Il tempio di Cnosso, apparentemente asimmetrico, doveva essere una costruzione orientata non verso l’esterno e verso l’alto, ma verso l’interno e verso il basso, verso le profondità della terra. La divinità principale che veniva adorata nel labirinto era la Grande Madre, la Potnia appunto, la dea delle grotte: identificata come regina del Regno dei defunti, e quindi della morte, essa è nel contempo anche matrice della fertilità, grembo che genera la Vita e divinità a cui erano sacri la colonna e i serpenti.
Un vaso di miele per tutti gli dei, / un vaso di miele per la Signora del Labirinto. Questa frase misteriosa, tracciata nella scrittura lineare B su una tavoletta di terracotta rinvenuta a Cnosso dall’archeologo Evans, fu decifrata nel 1952 dal filologo britannico M. Ventris. La tavoletta minoica probabilmente risale al 1400 a.C.
La figura cardinale del mito del Labirinto è, come noto, Arianna (“la molto sacra”) o Aridela (“la molto luminosa”): Arianna è la dea del labirinto, la divinità che protegge, che illumina la via di chi si inoltra all’interno di esso (Teseo). Il labirinto altro non è che la rappresentazione del Regno degli Inferi, ma ancor più dell’idea mitologica della morte che racchiude in sé l’idea della vita: rispecchierebbe, quindi, un percorso di iniziazione (Teseo sarebbe dunque l’iniziato che deve sconfiggere il Minotauro, il proprio mostro interiore), che fa “uscire” l’individuo dal tempo storico e lo traspone nel “tempo fondatore”, l’illud tempus, il tempo sacro, delineando così un pellegrinaggio che ha un rapporto fondamentale con lo spazio sacro delle caverne silenziose e tenebrose dove si incontra l’assoluto, la verità, la conoscenza.
E poi ancora per Santarcangeli: “…se siamo Minotauro, siamo anche il vittorioso Eroe solare (Teseo). Anche a noi, Eros (Arianna) ha fatto avere un lungo filo che ci condurrà fino al mostro e quando lo avremo vinto con la nostra spada lucente, quel filo ci farà tornare alla luce e lasceremo indietro, nella oscurità eterna, il corpo ormai immobile della bestialità debellata. L’amore ci condurrà sino in fondo, sino alle ultime caverne nascoste dei nostri sentimenti meno umani e, uccisa l’animalità, ci farà tornare sotto il cielo lucente. Quale simbolo più bello di questo?”.
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