Applausi per chi ha ucciso Federico Aldrovandi? Non siete Stato voi

Gli applausi agli agenti condannati per l'omicidio di Federico Aldrovandi sono una pagina nera nel rapporto polizia-cittadini. Lo Stato deve intervenire

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A sinistra, gli applausi agli agenti che uccisero Federico Aldrovandi. A destra, il corpo esanime e martoriato di Federico (Twitter @davidmascarello)

In sala al Congresso nazionale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) entrano gli agenti che hanno ucciso Federico Aldrovandi. Paolo Forlani, Enzo Pontani e Luca Pollastri, (assente Monica Segatti). Tutti condannati con sentenza definitiva della Corte di Cassazione il 21 giugno 2012 a 3 anni e 6 mesi di reclusione per “eccesso colposo in omicidio colposo”. Ci si aspetterebbe un dignitoso silenzio o il dovuto distacco. Ma gli applausi no, quelli no.

STANDING OVATION - La lunga standing ovation – cinque minuti di applausi, secondo quanto riportato da «la Repubblica» - riservata agli agenti di Polizia che la notte del 25 settembre 2005, in circostanze controverse anche a causa dello stato di alterazione psicofisica della vittima, abusarono della forza fino a uccidere Federico Adrovandi, è l’ennesima pagina nera nel rapporto tra le forze dell’ordine, lo Stato e i cittadini. Un rapporto che si è insanabilmente incrinato nel nuovo millennio a partire dai fatti del G8 di Genova nel 2001 che videro la morte di Carlo Giuliani. Una guerra (in)civile che è stata sbattuta a più riprese in prima pagina, passando attraverso gesti più o meno isolati tanto da parte di chi serve lo Stato, tanto da parte di chi è lo Stato in quanto cittadino.

L’intervista del portavoce del Sap Massimo Montebove a  Niccolò Carratelli (Radio Capital)

LA RABBIA DI ALFANO, SALVINI CHOC - I casi Cucchi e Perna morti all’interno di un carcere, Gabriele Sandri ucciso da una pallottola che ha viaggiato da una corsia all’altra dell’autostrada. Troppi episodi, troppi errori umani ed un grande lavoro da parte di chi dirige polizia, carabinieri e forze dell’ordine per recuperare a fatica la credibilità e la fiducia dei cittadini. Che gesti come quello di ieri al Congresso del Sap demoliscono nel tempo irrisorio che intercorre tra un battito di mani e l’altro. E tutto ciò che ne segue è la sagra dell’orrore e della speculazione. La rabbia di Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi. Lo sconcerto del ministro dell’Interno Angelino Alfano. La vergognosa solidarietà a priori agli agenti di Matteo Salvini.

SCONTRO SOCIALE - Un muro contro muro senza mezzi termini, al netto delle inevitabili condanne istituzionali. O stai con la polizia, e quindi allo Stato tutto è concesso in nome della legge, o sei contro la polizia, e tutto è concesso nei confronti delle forze dell’ordine, anche a costo di sbattersene delle norme. Ed ognuna delle due posizioni va in aperto conflitto con quello che uno Stato dovrebbe essere. Garantire la libertà di espressione e di manifestazione, tutelando tanto chi scende in piazza, tanto i diritti di chi viene danneggiato – spesso materialmente – da professionisti del disordine. E punire i trasgressori, senza scadere nell’eccesso immotivato.

Cosa spinge un agente a calpestare una ragazza già a terra e controllata da un suo collega, se non la rabbia dello scontro sociale, più di quello fisico? Le manifestazioni violente di dissenso e l’aperto dileggio alle forze dell’ordine non sono mai tollerabili, e vanno punite adeguatamente per non lasciare gli agenti “soli”. Perché viene consentito di manifestare in piazza a volto coperto o indossando caschi, se non perché si è consapevoli di andare a cercare uno scontro che i poliziotti non aizzeranno mai per primi, dovendo essi seguire regole di ingaggio sempre più remissive? La regolamentazione – anche autonoma, tramite referenti diretti – dei movimenti di piazza è un elemento troppo spesso trascurato e sepolto sotto le accuse di “regime”. Nulla di più sbagliato. Anche perché strettamente connesso all’elemento umano della gestione dell’ordine pubblico.

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Scontri tra polizia e manifestanti a Roma (contattonews.it)

PUNIRE VIOLENTI ED AGENTI - Ancora: perché non viene introdotto l’utilizzo intensivo degli idranti per scoraggiare gesti violenti, invece di cercare lo scontro frontale? Cosa si aspetta a utilizzare i numeri identificativi su caschi e divise per punire i rappresentanti della legge autori di prevaricazioni? Uno Stato deve essere in grado di colpire con la stessa durezza legislativa tanto i trasgressori quanto i tutori dell’ordine degeneri. Non si può usare il manganello in una sola direzione, impugnandolo al contrario. Non esistono più aut aut. Per una volta bisogna decidere di sedersi allo stesso tavolo, chi protesta e chi tutela, e guardarsi in faccia. Arrivare al punto di applaudire i poliziotti che un tribunale della Repubblica italiana ha riconosciuto come gli assassini di Federico Aldrovandi, no, non è degno di uno Stato. Non siete Stato voi. E ancora di meno chi vi applaude.

Francesco Guarino
@fraguarino

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