
Alluvione a Messina, tragedia annunciata
I numeri del disastro: 26 morti, 34 dispersi, 705 sfollati. Una delle tante ferite da cicatrizzare.
Si continua a scavare. Perché se è vero che in un attimo l’alluvione ha spazzato via Giampilieri e altri comuni come se stesse buttando giù dei mattoncini Lego, con la stessa facilità non riuscirà a far perdere le speranze a quanti cercano i dispersi nell’attesa di un qualche miracolo. Ma avere fede è difficile se guardandoti attorno vedi solo distruzione, morte e dolore. E anche il coraggio sembra mancare perché ricominciare a vivere, quando il fango ti ha portato via passato-presente e futuro, sembra un prezzo troppo alto, un obbligo per chi si sente fragile come un albero a cui hanno strappato le radici.
Sono ventisei i corpi recuperati. E mentre i familiari delle vittime e dei dispersi non riescono a darsi pace, il gioco delle responsabilità celate coinvolge sempre più persone. E’ un boomerang che non risparmia nessuno, che non fa distinzioni tra vittime e carnefici, tra poteri forti e tecnici troppo accondiscendenti, tra chi sapeva e chi faceva finta di non capire. La cosa certa è che non basterà prendersela con Giove pluvio per quello che è accaduto, ma nemmeno sarà sufficientemente credibile pensare che qualcuno pagherà al posto “suo”. Perché troppe sono le colpe, troppi i silenzi e il cerchio che si chiude a Giampilieri si è ormai trasformato in una linea indefinita, il cui punto di partenza appare già sbiadito.
Abusivismo, clientelismo, demolizioni mai portate a termine, condoni e piani regolatori dissennati, e ancora incendi boschivi e fragilità idrogeologica non calcolata. Dietro ad ogni parola ci sono nomi, persone, potenti e cittadini rei di aver permesso che “la tragedia annunciata” divenisse realtà, colpevoli di aver sfidato la Natura, ponendo gli interessi davanti a tutto. Perché il problema non è solo a Messina o in Sicilia, ma in tutto lo stivale che, come si interrogava sull’Abruzzo, ora dovrebbe riflettere sulle proprie azioni, comportamenti, modi di pensare e cattivi costumi sempre più diffusi.
Questa Italia può guardarsi allo specchio senza vedere alle proprie spalle spettri e fantocci? Possono i nostri amministratori guardare negli occhi i parenti delle vittime e giurare che loro non avrebbero potuto far nulla contro una calamità naturale di tale portata, terremoto o alluvione che sia? Eppure, dal 2007 a oggi, la Polizia municipale di Messina ha chiesto la demolizione di 1.191 edifici, 200 di questi si trovano a Giampilieri Superiore, ma non sono stati mai eseguiti. Inoltre eloquenti sono le immagini dell’alluvione che due anni fa colpì la cittadina. In quel caso, nel silenzio della stampa nazionale e nell’inerzia delle amministrazioni locali, la tragedia fu solo sfiorata.
Alcuni chiedono di evitare lo sciacallaggio politico e mediatico, altri non capiscono che c’entra parlare del Ponte di Messina in questa circostanza, ma la maggior parte delle persone ora vuole poter andare avanti. Ma stavolta mi auguro in modo diverso. Tagliando quel cordone ombelicale che tiene in vita i siciliani, un cordone talmente forte che ora rischia di strangolarli. Perché se prima ci si sentiva soffocati, ora l’aria inizia a mancare veramente. Serviranno investimenti, progetti seri e socialmente utili che sappiano prevenire, o quanto meno arginare, possibili calamità. E non per spartire il denaro che ormai da troppi anni è macchiato del sangue versato da vittime innocenti, ma per una presa di coscienza e di responsabilità concreta, sincera, da parte delle istituzioni e della società.
Perché in Sicilia nulla è per caso, e se lassismo, illegalità, omissioni e omertà continueranno a farla da padrone, ci saranno altre Giampilieri, altri terremoti, e altre vergogne a cui, da siciliana, non voglio più assistere. Questa è la mediocrità. Questo è l’orrore. E io mi chiedo: “Per quanto ancora i siciliani lo sopporteranno?”