Al Cometa Off di Roma ‘I Mezzalira – panni sporchi fritti in casa’: l’intervista alla Fallongo

Foto di Tommaso Le Pera 3I Mezzalira- panni sporchi fritti sporchi in casa al Teatro Cometa Off di Testaccio a Roma conclude quella l’autrice/attrice chiama la Trilogia degli Ultimi. Infatti, dopo Letizia va alla guerra – la suora, la sposa e la puttana e …Fino alle stelle! – scalata in musica lungo lo stivale, Agnese Fallongo e Tiziano Caputo tornano sul palco della capitale fino al 27 febbraio con un nuovo progetto dal titolo insolito e curioso. Accanto a loro c’è Adriano Evangelisti che li affianca sul palcoscenico dando corpo e voce al protagonista – narratore della storia. La regia è affidata ancora una volta a Raffaele Latagliata, che già aveva firmato quella di …Fino alle Stelle!, ad ulteriore conferma dell’ormai consolidato sodalizio di questo collettivo artistico. Noi della redazione di wakeupnews abbiamo incontrato l’autrice e attrice, Agnese Fallongo, e le abbiamo rivolto qualche domanda.

Buongiorno Agnese per iniziare parlaci del tuo spettacolo e del perché di questo titolo bizzarro. Buongiorno, sì certo iniziamo dal titolo che ho scelto con il desiderio di avvicinarmi a un testo enorme e storico come appunto quello dei Malavoglia di Verga. Il titolo un po’ bizzarro nasce da un gioco linguistico che crea una fusione tra il celebre detto popolare “i panni sporchi si lavano in casa” e il concetto della “frittura” come simbolico spartiacque del binomio più antico della storia: quello tra servo e padrone, tra chi produce l’olio e chi lo possiede, tra chi può friggere tutti i giorni e chi non può friggere mai.

Qual è il messaggio che intendi trasmettere al pubblico? Nel mio spettacolo voglio proprio mettere in evidenza il rapporto tra chi comanda e chi deve subire, tra padrone e servo che c’è stato in passato e che ci sarà sempre purtroppo. In questo mio ultimo spettacolo, che chiude la Trilogia, mi piace parlare degli ultimi, dei reietti, delle persone semplici che sicuramente non hanno cambiato la storia ma ne hanno fatto parte. Per fare questo mi sono documentata e ho intervistato le persone anziane, quelle secondo me più genuine, perché quello che desidero portare sul palco e tramettere al pubblico è una vera e propria saga familiare, dove si parla di terra, di radici nella quale tutti si possono riconoscere. Anche lo stesso linguaggio utilizzato è un mix di dialetti, una lingua bastarda un po’ meticcia nella quale si possono identificare le persone. Inoltre, ho voluto mettere in scena un racconto tragicomico che, ai toni brillanti della commedia all’italiana, mescola le tinte fosche del giallo e del thriller. Le vicende della famiglia Mezzalira sono raccontate e ricordate dal più piccolo della famiglia Giovanni Battista Mezzalira detto Petrusino che, una volta adulto, traccerà un vero e proprio arco della sua esistenza, in un caleidoscopio di ricordi che attraverseranno una vita intera, una vita fatta di luci, ombre e colpi di scena all’interno del medesimo focolare domestico. Infine, ho scelto una conclusione amara e intesa come atto utopico e spinta a provare a cambiare le cose. Probabilmente un po’ estremo come finale, ma era proprio questo che volevo trasmettere, un desiderio quasi irrealizzabile.

Foto di Tommaso Le Pera 1Hai già in programma altri spettacoli sul genere? Certo che sì. Ho già in mente il prossimo spettacolo sempre con Tiziano Caputo e Adriano Evangelisti con i quali mi trovo benissimo. Sicuramente voglio continuare su questo filone, ma con uno stile e desiderio di rinnovarmi nelle tematiche. Ci saranno sicuramente nuovi linguaggi, ma parlerò e tratterò sempre di tematiche universali e relazionali. Quello che invece mi sono posta come obbiettivo per il futuro, insieme alla mia compagnia, riguarda la sceneggiatura ed è la trasposizione cinematografica: dal teatro al cinema. Ci sto lavorando!

Qual è il genere teatrale che attrae di più in questo particolare momento storico secondo te? Sicuramente il pubblico, soprattutto dopo il lockdown, ha voglia di ridere e quindi sceglie per lo più spettacoli comici. Tuttavia, uno spettacolo che commuove, che fa riflettere e fa ridere allo stesso tempo è la combinazione perfetta. La tematica tragicomica che ho messo in scena con questo spettacolo lascia il pubblico basito che ride, riflette e ne esce colpito.

A proposito di lockdown, come vedi il teatro post pandemia? La pandemia è andata a cambiare tante cose, soprattutto nel teatro dove da sempre c’è stata una pigrizia culturale per raccontare una storia. Rimane comunque insostituibile il rapporto uomo – uomo, incontri e relazioni. C’è sicuramente un desiderio di rinascita e mi sento molto ottimista su questo. Il pubblico ha voglia di socialità, di rinascere e di andare a teatro. Per fortuna gli alti numeri di affluenza lo confermano.

Grazie dell’intervista Agnese. Il tuo spettacolo è molto coinvolgente. C’è un finale davvero inaspettato e utopistico che non si vuole svelare proprio qui in questo articolo: non togliamo la sorpresa a chi avrà voglia di andare al Cometa Off prossimamente.

 Allora non resta che augurare buon divertimento ..e buona riflessione!

 

Chiara Campanella

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