150 anni dall’Unità d’Italia, 40 anni dalla scomparsa di Luciano Bianciardi

Luciano Bianciardi

Una strana coincidenza unisce il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia al quarantennale della scomparsa di Luciano Bianciardi, una delle figure fondamentali della cultura italiana degli anni ’50 e ’60. È stato scrittore satirico e autoironico, apprezzato dalla critica e dai lettori come anticipatore lucido e inesorabile dei mali e del declino della società occidentale, e come ispiratore di nuove battaglie e resistenza culturale. La sua idea di letteratura è popolare e realistica; lo scopo dell’intellettuale è, ai suoi occhi, quello di creare una coscienza politica,  una  solidarietà tra il mondo proletario e quello degli uomini di cultura, è quindi di impegno civile.

Bianciardi nasce a Grosseto nel 1922 da padre cassiere di banca e madre maestra elementare. Si laurea alla Scuola Normale Superiore di Pisa in Filosofia. Torna a Grosseto e si sposa con Adria Belardi, ma pochi anni dopo il matrimonio, siamo nel 1954, dopo un’attività di insegnante e bibliotecario nella sua città, unita a un’intensa promozione della cultura popolare (bibliobus, cineforum) e un profondo interesse per le lotte operaie del tempo – soprattutto per la vita dei minatori delle miniere del grossetano – si trasferisce a Milano, lasciando la moglie e i due figli, Luciana ed Ettore. Lì inizia a lavorare come redattore nella nuova casa editrice Feltrinelli, deciso a partecipare all’industria culturale che vi stava nascendo, intenzionato a compiere nella capitale economica italiana quella «rivoluzione culturale abortita in provincia».

Insofferente alla disciplina aziendale e desideroso di rompere gli schemi culturali del tempo, viene licenziato “per scarso rendimento” nel 1956 e inizia una vita di stenti, sostentandosi con oltre cento traduzioni di autori di lingua inglese, tra cui H. Miller, J. Steinbeck, W. Faulkner.

Da Quarto a Torino

Nel frattempo sta preparando una sorta di autobiografia, Il Lavoro culturale, una rivisitazione dei suoi anni giovanili in provincia a Grosseto, libro che uscirà nel 1957, edito da Feltrinelli. Nello stesso modo, mentre lavora indefessamente alle traduzioni, escono nel 1960 L’Integrazione, per Bompiani, e Da Quarto a Torino, per Feltrinelli. Nel 1962 esce per Rizzoli il romanzo La Vita Agra, un’opera originale per quegli anni, di forte rottura, certamente l’opera più famosa, quella che ha fatto conoscere Bianciardi. Romanzo a carattere autobiografico, narra la storia di un provinciale che sale a Milano per vendicare la morte di alcuni minatori, ma che finisce completamente assorbito e metabolizzato dalla società che voleva distruggere. Paradossalmente Bianciardi subisce nella vita la stessa sorte: invece di combattere l’intellettuale anarchico e bombarolo, la società italiana del miracolo economico ne fa un suo beniamino, rendendolo ricco fino a farlo vergognare della sua nuova situazione.

Abbandonato il genere che gli ha dato la fama, recupera il Risorgimento con il romanzo La Battaglia Soda, che esce nel 1964 per Rizzoli. Nel 1969 esce, per Rizzoli, il suo testo forse più emblematico: Aprire il fuoco, l’ultimo pubblicato in vita, probabilmente il più maturo e il migliore. Romanzo autobiografico, ma trasfigurato in un’ambientazione tra lo storico e il fantastico, narra le vicende conseguenti al successo de La Vita Agra. Lo stile di Bianciardi qui raggiunge la sua massima espressione, fornendo elementi e canoni a gran parte della letteratura italiana successiva. Due diverse anime dello scrittore, quella narrativa-autobiografica e quella storico-risorgimentale, si fondono in una sintesi nuovissima per i suoi tempi.

Escono anche, nello stesso anno, Daghela avanti un passo e Viaggio in Barberia.

Intensa e senza sosta la collaborazione con giornali, per articoli di costume, di sport, e soprattutto di critica televisiva e cinematografica, pubblicati su giornali quali L’Unità, Il Giorno, ABC, L’Europeo, Playmen, Kent, Executive, Il Guerin Sportivo. Su L’Avanti e sul rotocalco Le Ore inizia a tenere la rubrica di critica televisiva, Telebianciardi, che farà epoca, interventi raccolti ne Il convitato di vetro, edito da ExCogita editore nel 2007.

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