
“Vivere senza malinconia”: intervista all’artista Giovanni Nuti
Milano- E’ quasi mezzogiorno quando telefono all’artista Giovanni Nuti. Da pochi giorni (5 dicembre), è uscito il suo nuovo album,“Vivere senza malinconia – Le Canzoni dello Swing Italiano Anni ‘30 e ‘40”, nato dall’idea di valorizzare il poco frequentato repertorio musicale italiano di quegli anni: con grande rispetto, lui si è accostato a queste musiche, omaggiando lo swing italiano attraverso 19 brani molto intensi.
Nella sua biografia, si legge che è un cantante e compositore toscano dalle importanti collaborazioni, tra cui Enrico Ruggeri, Roberto Vecchioni, Mango, Milva e Simone Cristicchi; oltre a questo, ha all’attivo ben sette album.
Mi preparo psicologicamente ad un’ intervista con un grande artista, quindi, senza sapere però che, una volta schiacciato il tastino verde per le chiamate, mi troverò “di fronte” un vero artista, prima di tutto.
Vivere senza malinconia: perché questo titolo?
E’ un verso della canzone “Vivere”, che chiude l’album. Quando mi sono avvicinato a questa e alle altre canzoni, ho pensato che bisognasse recuperarle anche per i giovani, perché sono canzoni che ci raccontano molto della nostra storia. Sono state scritte in un’epoca difficile, quella del fascismo, della guerra, periodo in cui gli Italiani sentivano il bisogno di evadere dalla triste realtà: così hanno fatto, grazie alla musica. “Vivere senza malinconia” raccoglie canzoni che possono farci rivivere intensi momenti di spensieratezza. Più ci si focalizza su pensieri negativi e più è difficile uscirne: potersi “alleggerire” con una canzone, ci distoglie dai problemi legati ad un periodo particolare come questo, facendoci sorridere, anche solamente per pochi minuti.
A quali brani dell’album è maggiormente affezionato?
Sono tutti brani che ho sentito cantare da Alda Merini, durante i 16 anni del nostro “matrimonio artistico”, come lo amava definire lei: sono canzoni divertenti, canzoni che mi fanno ballare, poiché lo swing è jazz allegro, ma che diventa ballabile. E ci sono anche canzoni che mi emozionano, come “Ma l’amore no” o “La strada nel bosco”, brani straordinari, tra l’altro, molti di questi scritti dal milanese Giovanni D’anzi.
Quando ripensa a questi 16 anni di amicizia con la poetessa Alda Merini, quali sono i ricordi che le tornano in mente per primi?
Ricordo le nostre passeggiate lungo i Navigli, in cerca di giocattoli da comprare, soprattutto in questo periodo natalizio. Carillon (io ne sono pieno), pupazzi, peluches: amavamo comprare queste frivolezze. Alda mi diceva spesso: “Un tempo, mi potevo permettere poco, ora mi posso permettere cose frivole. Vedi, sono queste cose frivole che sono importanti nella vita.”
Com’è nata la vostra amicizia?
La nostra amicizia è nata così, come tutte le grandi cose che accadono nell’universo. Entrai un giorno in una libreria e mi si aprì davanti agli occhi un libro: mi capitò di leggere una poesia di Alda Merini e ne rimasi folgorato. Andai a casa e la musicai subito, sull’onda dell’ispirazione; poi, le scrissi una lettera. Lei mi rispose subito, dicendomi di andarla a trovare all’Hotel Certosa, qui a Milano, che ora non esiste più. Pensi che questo hotel distava solamente 500 m da casa sua: era in vacanza vicino a casa, così i rompiscatole non la disturbavano. Ci incontrammo e lo sguardo fu uno sguardo incredibile: capì in un istante che mi trovavo di fronte ad una persona più unica che rara, a livello artistico ma soprattutto a livello umano. Lei è stata la mia maestra di vita e, ancora oggi, lo è.
So che sta lavorando al suo ottavo album, il terzo che conterrà inediti di Alda Merini.
Alda continua ad essere la mia musa e l’album che sto preparando sarà molto speciale: ci saranno momenti di ironia, ma anche di riflessione. Comporre questo nuovo album mi sta emozionando molto: Alda è tutte le stagioni.
Cosa vorrebbe trovare sotto l’albero di Natale?
Sotto l’albero, vorrei trovare una cosa molto importante: come sa, è stata allestita la casa-museo per Alda Merini in cui, da un po’ di tempo, abbiamo in programma di trasferire il muro su cui Alda annotava, col rossetto, i numeri importanti, a mo’ di agenda. Ecco, come regalo natalizio, mi auguro di riuscire a portare questo muro “con le scritte degli angeli”, come lo amava definire lei, proprio nel museo a lei dedicato.
Ultimissima domanda: ma “Vivere senza malinconia”, secondo lei, è davvero possibile?
Sì, ma dobbiamo allenare la nostra mente. Io faccio esercizio in ogni momento: mi arriva un pensiero negativo, allora penso subito ad un’immagine bella, positiva, cambiando la mia emozione di fondo.
Noi creiamo attraverso l’emozione e vivere senza malinconia è possibile, ma solamente volendolo: abbiamo un grandissimo potere noi, perchè sappiamo pensare, ma ci hanno educati a credere che siamo degli esseri limitati. Ci dovrebbero insegnare, fin da piccoli, ad usare il pensiero: in questo modo, anche se suona paradossale, aumentiamo la nostra creatività. Con la nostra mente, abbiamo il potere di fantasticare cose incredibili, poi ovviamente non tutto si realizza, anche perché bisogna aspettare i tempi dell’universo e, spesso, questi non coincidono col nostro voler “tutto e subito”.
Non dobbiamo mai dimenticare, però, che abbiamo potere su noi stessi e sul resto del mondo: usiamolo e insegnamolo. E’ un po’ come in cucina: mettiamo un po’ di malinconia, qui e là, quando ci può aiutare ad aumentare la nostra sensibilità, ma impariamo a dosarla con accuratezza.
Come diceva Alda Merini: “Siamo su questa terra per imparare la gioia, non la sofferenza”.
Nadia Galliano
Foto || paroleedintorni