“Onore al Duce” su bus a Roma: polemica sul web

Roma – Ormai ovunque sul web infuria la polemica per la scritta apparsa su un autobus romano: scomparso il numero della linea e la destinazione sul display del mezzo si leggeva la scritta “Onore al Duce” con tanto di “v” al posto della “u” per omaggiare la tradizione fascista.

Intanto l’Atac corre ai ripari e fa sapere che saranno «subito attivate indagini interne per identificare responsabile grave atto e per sanzioni disciplinari, se gesto configurasse reati penali di fuori stretto ambito aziendale informeremo autorità giudiziaria».

La stessa posizione è stata ribadita in una nota diffusa questa mattina dall’azienda di trasporto romano decisa a far chiarezza sulla vicenda.

Il mezzo era fermo nella rimessa di Acilia e che il responsabile del gesto sarà sottoposto a provvedimenti disciplinari e all’accertamento di un eventuale reato penale, con molta probabilità quello di apologia del Fascismo previsto dalla famosa legge Scelba – che qualche tempo fa qualcuno proponeva di abolire – del 20 giugno 1952.

Secondo l’articolo 4 della legge è punibile chiunque «pubblicamente esalti esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche».

C’è invece chi sostiene la libertà di espressione e quindi il diritto del conduttore del mezzo di manifestare il proprio pensiero anche attraverso il display dell’autobus che però è un mezzo pubblico e non privato.

Ennesimo episodio che rivela come l’ombra del Fascismo aleggi ancora su Roma. Per Fabio Nobile, segretario romano Pdci-Fds è «un gesto insulso di chi ignora la storia del nostro Paese e di Roma, medaglia d’oro della Resistenza. L’ennesimo segnale di una città in cui nostalgici della dittatura fascista e neonazisti, forti delle legittimazioni concesse dal sindaco Alemanno, si sentono autorizzati a fare qualunque cosa. Mi auguro che l’inchiesta aperta dall’Atac permetta di individuare quanto prima il colpevole della scritta, sanzionandolo e denunciandolo alle autorità giudiziarie. Ma rimane la responsabilità politica di chi ha spalancato le porte dell’azienda municipalizzata alla galassia dell’estrema destra romana, arruolando un’infinità di “camerati” e loro parenti».

Francesca Penza

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